mercoledì 14 ottobre 2009

Calafataggio

Il calafataggio è la tecnica millenaria che fa la differenza tra un armadio e una barca: entrambi sono fatti di parti in legno interconnesse in modo da servire ad uno scopo e resistere a dei carichi. Ma messi in acqua, il contenuto di un armadio si bagna, quello della barca no.
Persino la Bibbia, quando Noè riceve le istruzioni per costruire la sua barca, parla genericamente di "un'arca" (come dire "una scatola"), ma si dilunga dettagliatamente sul modo di impermeabilizzarla. E lo stesso avviene quando descrive la cesta a cui viene affidato il destino di Mosè.

E' un'arte in gran parte dimenticata.
Ad un signore, indirizzato alla grotta di Alimuri in cerca di "Maestri Calafàti", Mast'Antonio replica seccamente dandogli un indirizzo e un numero civico: quelli del cimitero di Meta.

Ma Mast'Antonio è modesto. Anche se è "solo" un Maestro d'Ascia, e non un Maestro Calafàto, è perfettamente in grado di eseguire il calafataggio al suo gozzo, usando gli strumenti da calafàto tramandatigli dal suo maestro.
Si tratta di una serie di scalpelli, apparentemente identici, da usare in progressione, e di una grossa e particolare mazzuola di legno. I primi scalpelli vengono usati per allargare i comenti (gli spazi tra le tavole del fasciame). Tra questi vengono inseriti degli intrecci di cotone (si usa la stoppa sulle barche più grosse o sui "bastimenti"), e questi, con altri scalpelli, più smussati, vengono spinti a sigillare le aperture tra la parti del fasciame. Su barche di dimensioni maggiori, come anche sulla coperta del gozzo, i comenti vengono sigillati colando pece fusa, poi levigata a livello. Su un gozzo di circa 7 metri, invece, con parti piccole non sottoposte a sollecitazioni o deformazioni significative rispetto alla larghezza del comento, basta stuccare e verniciare.

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