lunedì 13 settembre 2010

In mare!

13 Settembre, 2010.

Una barca che scende in mare è l'emozione di un trionfo, e il dolore di una separazione.

Il varo è il compimento di un'idea, diventata un progetto, che dopo tanto tempo, lavoro, delusioni e soddisfazioni, diventa una barca, che va in mare.

Da questo momento, la Storia del gozzo "Santa Maria del Lauro" non è più disegnata su un progetto del 1919.

Davanti alla sua prua c'è il mare, l'avventura, i pericoli, il futuro.

Ma questa, è un'altra storia.

domenica 12 settembre 2010

L'attrezzatura

Il fascino di una barca a vela, almeno finché le vele non sono spiegate, risiede anche nella massa apparentemente intricata di cavi e cime, ognuna con un compito preciso, perfettamente simmetriche intorno all’albero.
La posizione e la lunghezza delle manovre fisse (che sostengono l’albero) e delle manovre correnti (che permettono di manovrare le vele e, in una barca a vela latina, l’antenna) deve essere accuratamente studiata per trovare l’equilibrio tra sicurezza, prestazioni, manovrabilità, e cento altri fattori che possono essere studiati solo durante le varie andature.
Fulvio Cafiero e gli amici del "Circolo Nautico Marina di Alimuri", che addestreranno gli equipaggi del gozzo a vela latina “Santa Maria del Lauro”, aiutano Michele Cafiero nel lavoro di “attrezzare” il gozzo con manovre fisse e correnti. Le “impiombature”, semplici giunzioni delle cime dall’incomparabile eleganza, vengono pazientemente intrecciate, l’albero eretto nel punto più alto della grotta, lo spigone fissato alla prua.
Quando questo compito sarà concluso, la barca sarà pronta, finalmente, al varo.

mercoledì 8 settembre 2010

Il Circolo Nautico "Marina di Alimuri"

Nel 1983, la vela era un lontano ricordo, alla Marina di Alimuri.
Le barche a remi e i "sandolini" in legno venivano lentamente soppiantati dalla vetroresina, gli ultimi, ignorati "Cap Horniers", si affacciavano sui tramonti della marina raccontandosi ricordi che non avrebbero condiviso con nessuno.
Ma intanto, un ingegnere collezionava cimeli della marineria locale, l’Italia scopriva la “America’s Cup” mentre gli Stati Uniti la perdevano, e una trasmissione della televisione regionale riscopriva la storia dei velieri costruiti sulla spiaggia di Alimuri.
In quell’anno, e in quel clima, un gruppo di giovani, con l’aiuto e i consigli occasionali di vecchi marinai, riunì le proprie barche a vela e formò un circolo nautico, proprio sulla spiaggia dove un tempo “crescevano gli alberi”.
Fu l’inizio di un’epoca: piccole lance in legno, considerate fino ad allora pronte per il camino, venivano orgogliosamente restaurate e rinominate, proprietari di vecchi gozzi scoprivano di avere in soffitta alberi e spigoni per una vela latina, e i ragazzi chiedevano di imparare ad “andare a vela”.
Pochi anni dopo, quasi per scherzo, il circolo, ormai affiliato alla F.I.V., riunì cinque o sei delle barche più vecchie, alcune dotate di vele improvvisate, e organizzò una “regata”, con scarsissimo vento, di “barche storiche”. Siccome il trofeo in palio era un quadro dipinto nello stile di un illustre pittore ottocentesco famoso per i suoi soggetti nautici, la regata fu intitolata al suo nome. Fu il “I° Trofeo Eduardo de Martino”, che nel 2010 raggiungerà la ventiduesima edizione, ed è diventata una delle regate più affollate e prestigiose d’Italia per le barche d’epoca, l’unico evento legato alla vela che si tenga nelle acque sorrentine.
Fulvio Cafiero, fondatore, presidente e anima del “Circolo Nautico Marina di Alimuri”, nel frattempo spostatosi alla Marina di Meta, selezionerà e addestrerà gli equipaggi del gozzo a vela latina “Santa Maria del Lauro”. Insieme ai soci del circolo, aiuterà Michele ad armare una barca a vela latina, alla Marina di Alimuri.

domenica 5 settembre 2010

Il Timone

"Varca senza timmone, nun po' tene' direzione", dicevano i vecchi per giustificare l'autorità dei capi.
E infatti l'unico elemento che basterebbe a vanificare tutte le caratteristiche della barca, vento favorevole e mare calmo, è proprio il timone.
Che si vada a remi o a vela, una pala di timone ben disegnata e ben manovrata permette alla barca di avere il compromesso ideale tra stabilità di rotta e manovrabilità.
Michele Cafiero ha scelto due forme diverse per il suo gozzo a vela latina, e realizza due pale di timone, una larga e profonda, l'altra più corta, per le diverse andature. Una grande superficie, e un buon pescaggio del timone, assicurano una risposta pronta alle virate, a prezzo di maggior peso e perdita di velocità, una pala piccola e leggera rende la barca meno maneggevole, ma più veloce.
Ma come nell'essenza dell'antico proverbio, più del timone contano le capacità del timoniere. E dopo il timone, e la barra, prima di armare la "Santa Maria del Lauro" occorrerà addestrare un equipaggio.

mercoledì 28 luglio 2010

Giovanni Caputo

"Armare" una barca, ovvero attrezzarla con vele e "manovre", è un compito difficile e delicato. Piccole variazioni, insignificanti agli occhi di un profano, possono determinare grandi differenze in termini di prestazioni, affidabilità e sicurezza. La posizione dell'albero, la lunghezza e gli angoli di attacco delle "manovre fisse", i cordami che sostengono l'alberatura e delle "manovre correnti", o volanti, che consentono di governare la vela, sono frutto di esperienze secolari e il più delle volte empiriche, che una volta si tramandavano di padre in figlio, e oggi sono affidate al "rigger", l'uomo che "accorda" la barca. Il termine inglese, che si traduce come "attrezzatore", è ormai il più usato, perché questo mestiere, ancora richiestissimo nel campo della vela, in Italia è quasi scomparso.
Ma Giovanni Caputo, un uomo che ha fatto della sua passione un mestiere, e del suo mestiere un'arte, è uno degli ultimi attrezzatori di barche classiche, in particolare di vele latine. Un giorno è venuto a visitare il Cantiere dei Cafiero, e a vedere per la prima volta il gozzo "Santa Maria del Lauro", portando in tasca un dono a sorpresa per Mast'Antonio, Michele e la barca: uno dei suoi bozzelli in legno e rame, realizzati su ordinazione per barche d'epoca, nelle forme e misure richieste dalle necessità dell'armo. E in uno straordinario incontro di competenze ed esperienze superstiti, è nata una collaborazione tra i carpentieri e l'attrezzatore, che donerà al gozzo a vela latina "Santa Maria del Lauro" tutti i bozzelli necessari alla sua attrezzatura.

martedì 20 luglio 2010

L'albero e l'antenna

L'armamento a vela latina è stato tipico del Mediterraneo fino a pochi decenni fa.
Contrariamente a quanto veniva sostenuto fino a poco fa, le origini sono indiscutibilmente Mediterranee, e l'etimologia a posteriori da "vela alla trina" palesemente errata: riproduzioni di navi a vela latina risalgono al I secolo a. C., nell'Alessandria di Antonio e Cleopatra. La sua diffusione e il perfezionamento nel mondo arabo e nell'Oceano Indiano ne videro la descrizione come la vela "latina", cioè dei popoli dell'ex Mare Nostrum romano.
I gozzi da pesca del Golfo di Napoli usavano la vela latina solo in condizioni particolari, però. Era molto alta, e ingombrante durante la voga. La vela più usata era un'altra vela aurica, piccola, poco efficiente ma facile da manovrare, e poco ingombrante quando riposta: la cosiddetta "vela a tarchia".
E proprio come il gozzo originale, il nuovo "Santa Maria del Lauro" avrà entrambi gli armamenti.
Michele ha scelto un'antenna molto lunga ed elastica, in pino bianco, e l'albero molto alto, sempre in pino bianco, per prendere meglio il vento.
Da una tavola squadrata, si tagliano via gli angoli, rastremando le estremità, e poi lavorando di pialla e carta vetrata, albero e antenna vengono raffinati fino a prendere la loro forma.
Da loro, dipenderà la forma della vela, e la velocità della barca.

giovedì 15 aprile 2010

La scassa dell'albero

E' facile immaginare come una vela muova una barca: la forza del vento soffia sulla vela, legata all'albero che è collegato alla barca, e la spinge avanti. Ma trasmettere l'energia del vento allo scafo della barca, e in una maniera efficiente, è un problema da affrontare seriamente, se non si vuole che l'albero con la vela voli via, e la barca resti ferma.
L'albero non può essere quindi solo un palo, ma un sistema complesso che deve resistere alle sollecitazioni assorbendo traumi che potrebbero danneggiare lo scafo. Il primo elemento di questo sistema che Michele Cafiero monta sul gozzo "S. Maria del Lauro" è la scassa dell'albero.
E' una base in legno, saldamente fissata allo scafo, con un foro in cui verrà infilato il piede dell'albero, che passerà attraverso un altro foro della "mastra", una tavola all'altezza della coperta. Dalla posizione della scassa, e quindi dell'albero, dipenderà la maneggevolezza della barca, l'assetto che assumerà nelle varie andature e lo stesso centro di manovra.
La vela latina era usata raramente dai pescatori di Alimuri: i venti del Golfo di Napoli sono incostanti e capricciosi, ma per chi sapeva sfruttarli erano un aiuto notevole al duro lavoro ai remi. Per non togliere spazio, l'albero era spostato verso la prua della barca, anche se questo rendeva la barca piuttosto sbilanciata e difficile da tenere in rotta sotto vela. In una concessione all'evoluzione, l'albero della vela latina del gozzo di Mast'Antonio e Michele Cafiero sarà un po' più al centro della barca rispetto al modello originale del 1919.

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venerdì 26 febbraio 2010

La falchetta

Il fascino delle vecchie barche in legno si nasconde soprattutto nella cura dei particolari. Di solito sono piccoli dettagli che conferiscono la raffinatezza estetica tipica della marineria di una volta.
Ma chi va per mare sa cogliere in ciascuno di questi dettagli l'utilità di accessori che rendono la vita e il lavoro più facili, e la barca più sicura.
La falchetta, sulla versione del gozzo sorrentino costruita alla Marina di Alimuri, è una semplice cornice di legno, sufficientemente robusta da resistere ai maltrattamenti del lavoro in mare, ma senza funzione strutturale, che corre intorno al pozzetto, dove venivano depositati reti, carichi e, "a Dio piacendo", i pesci pescati. La sua funzione è quella di impedire all'acqua di mare, proveniente da spruzzi sfuggiti alla frisa o da reti o cime salpate a bordo, di scorrere nello scafo, bagnando il carico, riempiendo la sentina e appesantendo la barca. La forma tipica della coperta, ben calafatata, e il movimento stesso del rollio, fa scorrere l'acqua lungo la falchetta, verso i bordi della frisa, dove in corrispondenza dei braccioli (che potrebbero intrappolare ristagni d'acqua) sono stati praticati i fori degli ombrinali.
Ormai il lavoro di Mast'Antonio e Michele Cafiero si concentra sui particolari del loro gozzo a vela latina. Il "Santa Maria del Lauro", stuccato e verniciato, è una barca a tutti gli effetti. Ma non è ancora pronta a prendere il mare, e Mast'Antonio, che era abituato a finire un gozzo in poco più di sei mesi, e ora deve limitarsi al tempo libero di Michele, scalpita. Il mare è lì, a due passi.

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